L’ipertensione è una delle malattie del nostro secolo e anche di quello precedente. Le sue cause sono molteplici, inclusa la predisposizione familiare, ma lo stile di vita occidentale gioca un ruolo determinante. E’ noto che la pressione arteriosa alta favorisce l’insorgenza di infarto, ictus e malattie cardiovascolari. La pressione arteriosa si alza con l’aumentare del peso corporeo, dell’assunzione di sale, della sedentarietà. Molte ricerche scientifiche hanno dimostrato, inoltre, i benefici di una dieta ricca di vegetali (e quindi di potassio), senza carne (o povera di carne rossa), con bassi livelli di carboidrati raffinati. Ora una indagine cerca di comprendere se esiste una correlazione tra spiritualità religiosa e ipertensione. Alcuni studiosi hanno selezionato 9581 aderenti alla Comunità Avventista del Settimo Giorno (dati assunti dal Biopsychosocial Religion and Health Study) del Nord America ed hanno cercato di capire se la pratica religiosa, legata a forti valori ideali, svolgesse un effetto protettivo. Poiché questa comunità ha un’alta prevalenza di vegetariani, non fumatori ed astinenti da alcol, le analisi statistiche sono state effettuate dopo una correzione per fattori demografici e altre abitudini di vita, attraverso modelli di regressione logistica. L’esito è molto interessante perché, al netto di altre abitudini salutari, una religiosità “intrinseca”, cioè vissuta in modo autentico e profondo, sembra avere eccellenti effetti sulla salute. In poche parole, si è meno esposti all’ipertensione. Le motivazioni sono tutte da approfondire, ma è probabile che una visione serena della vita, un atteggiamento di fiducia interiore e le pratiche religiose riducano i livelli di stress e perciò risultino utili all’organismo umano.
Charlemagne-Badal SJ1, Lee JW2.Intrinsic Religiosity and Hypertension Among Older North American Seventh-Day Adventists. J Relig Health. 2016 Apr;55(2):695-708. doi: 10.1007/s10943-015-0102-x.